Archivi autore: cacialli

Il 4 Novembre 1966 era venerdì e, come tutti gli anni, festa delle Forze Armate e della Vittoria. Come tutti i giorni di vacanza di buon ora uscii di casa per andare a comperare il giornale. Pioveva di una pioggia ininterrotta che durava dal giorno prima. Mentre scendevo verso il centro di Montelupo incontrai il mio amico Giacomo Orefice, ex Direttore Generale della Banca di Credito Cooperativo di Montelupo, il quale si disperava perché la sua banca era stata allagata. Lì per li fui quasi sorpreso di questo fatto straordinario, poi piano piano, mentre mi inoltravo nel centro basso del paese, mi resi conto del disastro che aveva colpito Montelupo. Immaginai che, se la Pesa aveva tracimato, la stessa cosa poteva avere fatto l’Elsa a Castelfiorentino. Tentai di mettermi in contatto telefonico con gli impiegati che risiedevano sul posto, ma la linea era interrotta. Sempre più allarmato e preoccupato decisi…

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Cominciò così il nostro lavoro a Castelfiorentino, con la nostra postazione al centro del paese davanti al piazzale, dove il giorno le mamme prendevano il sole sulle panchine mentre guardavano i bambini giocare con la ghiaia, e la sera gli uomini giravano e rigiravano sul percorso ovale che circondava il giardino, chiacchierando del più e del meno. Eravamo finalmente in vetrina anche noi. Nella Banca lavoravamo ancora in due. Io mi occupano dell’organizzazione, dello sviluppo e dei fidi. Con le ampie deleghe”non scritte” ricevute dal Consiglio di Amministrazione, seguivo essenzialmente la ricerca della nuova clientela, istruivo le pratiche di fido, valutano l’affidabilità creditizia, stabilivo i tassi attivi e passivi. Chiuso nella mia stanzetta mi sentivo come il confessore che ascoltava i piccoli e i grandi problemi di tutti e cercavo di risolverli incoraggiando ad andare avanti. Il Lami invece officiava nel primo piano allo sportello. Ottimo e attento collaboratore gestiva…

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Una mattina di Febbraio eseguimmo il trasferimento. Tutte le suppellettili della Banca furono caricate su un barroccio. Piovigginava, io precedevo il barroccio con la mia Vespa. Il Lami seguiva sul barroccio sotto un grande ombrello contadino di incerato verde. Sembravamo sfollati di guerra che finalmente tornavano a casa. Il Baldini Angiolo, già socio e cliente della banca, ci piazzò la cassaforte. Quelli delle banche locali rimasero esterrefatti della nostra presunzione. Ci guardavano come un senegalese che aveva osato piazzare il suo tappetino accanto ai soliti banchi del mercato di sempre. Naturalmente quindici giorni dopo arrivò a Castelfiorentino il Direttore della Banca d’Italia in pompa magna, sopra una macchina di grossa cilindrata con tanto di autista, insieme al capo della  vigilanza. Erano circa le tre pomeridiane, l’ora in cui la Banca riapriva. Il Lami stava tirando su il bandone della saracinesca quando si sentì interpellare: “Dove è il Presidente?” “Non lo…

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Così fu fatto. Tuttavia, nonostante il compromesso raggiunto, la risposta della Banca d’Italia alla nuova domanda tardava ad arrivare. Eravamo ormai giunti all’estate del 1963 ed io continuavo a bussare ripetutamente alle porte della sede della Banca d’Italia di Firenze per ottenere una risposta. Nel frattempo la Cassa cresceva rapidamente. Dal momento della mia assunzione i depositi erano passati da 62 a 120 milioni e gli impieghi erano aumentati da 65 a 80 milioni. Nel maggio del 1963 il Cerbioni, ormai anziano, aveva lasciato la Presidenza pur restando consigliere. Era stato sostituito dal professore Mario Lensi che purtroppo mori, pochi mesi dopo, nel novembre dello stesso anno. Aveva, mi pare, quando mori 59 anni. La presidenza fu allora assunta dal Vice-Presidente Amelio Conforti a cui doveva succedere il perito agrario Mario Cappelli. Nel frattempo la Banca aveva assunto un altro impiegato. Assunto si fa per dire, perché forse sarebbe meglio…

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Nel periodo in cui io giunsi a Castelfiorentino anche questo paese stava vivendo una sorta di rivoluzione economica e sociale, come il resto d’Italia e forse anche più. Le campagne cominciavano a spopolarsi, il paese si stava estendendo a macchia d’olio. In pochi anni le abitazioni crebbero intorno a viale Roosevelt, via Di Vittorio, Via Gozzoli e via Sant’Antonio. Prima c’erano solo orti, campi e qualche isolata villetta. Ora le case si addensavano anche dietro Santa Verdiana a Sud e lungo via Piave e via Masini a Nord. La vecchia Castelfiorentino, stretta tra il piazzale e le scuole elementari, era esplosa come una macchia di edera rigorosa. Stava nascendo una imprenditorialità diffusa di piccole e medie dimensioni. Il muratore con le mani ancora polverose di calce si era messo in proprio, aveva buttato via la carretta e si era comprato la betoniera. Bottegai di calzinotti e di pezze di stoffa…

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Il compenso che mi era stato offerto era inferiore a quello di un operaio di allora. Ero in una posizione ibrida con una remunerazione di gran lunga inferiore alla media se mi considerano come un libero professionista, e senza copertura assicurativa e previdenziale, se mi immaginavo come un lavoratore dipendente. Come il pipistrello non sapevo se ero topo o uccello, non avevo il buco sicuro del primo né lo spazio libero del secondo. Tuttavia accettai lo stesso. Ero stato contagiato dalla schiettezza e dalla fierezza di un uomo non più giovane come il Cerbioni, ma pieno di energia, onestà, buona volontà. Il mio spirito naturale di intraprendenza era stato di nuovo tentato e caricato. Inoltre ero stato gratificato dall’appoggio leale e fiducioso di tutti i componenti del Consiglio di Amministrazione. Cominciò così la mia nuova avventura. Dovevo rimettere in mare e fare riprendere il largo ad una barca che, da…

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Io sono nato e poi sono sempre vissuto a Montelupo. Mio padre faceva il muratore. Mia madre, come la maggioranza delle donne del suo tempo, era “atta a casa”. Me la ricordo intelligente, dolce, apprensiva come tutte le mamme di marca devono essere. Per mio padre e mia madre fu una soddisfazione “farmi studiare”, come si diceva allora, in pratica farmi frequentare l’istituto tecnico commerciale di Prato. Dopo essermi diplomato entrai come amministratore, prima in una fabbrica di ceramica poi in un’altra ancora a Montelupo. Un bel giorno fui convocato a Firenze nella sede della Federazione Toscana delle Casse Rurali ed Artigiane. Mi aveva chiamato il ragionier Pietro Fabbri, un uomo poco più che sessantenne, quasi completamente calvo, dai modi schietti e diretti. Il Fabbri era allora il Direttore della Federazione e responsabile dell’Ente di Zona, l’organismo che controllava e assisteva il movimento delle piccole casse rurali. Con il Fabbri…

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Centoventi anni fa Cambiano era poco più di una svolta lungo la strada che fino lì scorreva diritta da Castelfiorentino prima di piegare improvvisamente verso la collina dove si affacciava la chiesa di S. Matteo a Granaiolo. Lungo il fondo stradale, crivellato di pozzanghere d’inverno e polveroso per la ghiaia sfarinata d’estate, passava ogni tanto un carro di buoi rosso stinto, oppure un barroccio con la sua lanterna ciondoloni alla stanga e i suoi bubboli sulla groppa del cavallo. Sulla curva dominava dall’alto l’imponente palazzo del marchese Pucci, un rettangolo ingente come i settanta poderi che il nobile fiorentino possedeva fra lì e Granaiolo. Sotto il palazzo, di impronta medicea, c’erano tre grandi edifici dello stesso colore scialbo della villa, con qualche presunzione di imitazione della casa del padrone nelle architravi di arenaria grigia. Intorno non c’erano che le case sparse dei contadini sulle colline comprese fra la vecchia chiesa…

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Ho voluto scrivere questo libro per raccontare la storia della Banca di Credito Cooperativo di Cambiano dal 1961 ad oggi. Per ricordare gli episodi e gli uomini che con le loro azioni hanno concorso a fare grande la Banca di Cambiano. Per ricordare anche i piccoli uomini, che pieni di astio e di rancori e smania di potere, si sono impossessati di ciò che non gli apparteneva. Costoro, per conseguire il loro obiettivo, non hanno esitato a travolgere anche l’amico che in più occasioni gli aveva generosamente teso una mano. Personaggi che spero di non incontrare mai piu nel corso della mia vita. L’ho scritto per difendere me stesso e alcuni miei colleghi, che mi seguirono in quanto non si sentirono di condividere i sistemi della nuova gestione, né tanto meno di mettersi al servizio del nuovo direttore, verso il quale provavano e provano immensa disistima. L’ho scritto perche’ la…

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