Dopo questa battuta d’arresto mi consolai pensando che la Cambiano avrebbe potuto realizzare da sola il progetto leasing in un secondo tempo.
Anche per compensare la sconfitta che avevo subito sulla società di leasing cominciai a dedicarmi, per cosi dire, a tempo pieno ad altri progetti che nel frattempo avevo maturato nella mente. Volevo creare un’apposita struttura in proprio per le gestioni patrimoniali della banca. A questo fine avevo già stipulato un contratto di collaborazione con il ragionier Piana, un ex dirigente della Cassa di Risparmio di Reggio Emilia, che era stato responsabile dell’ufficio finanza di quella banca e che ora era in pensione.
Volevo inoltre creare nella sede centrale un apposito ufficio per seguire l’istruttoria dei cosiddetti crediti speciali.
Ma soprattutto ero molto interessato alla idea di far entrare la banca nell’attività di gestione delle assicurazioni. Sapevo già da tempo che l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (ISVAP) stava per emanare disposizioni per cui anche le banche avrebbero potuto entrare in questo settore in continua espansione. Il via libera in questo senso fu dato infatti dalla Banca d’Italia a posteriori con una lettera del 29 gennaio 1999.
Era mia abitudine, all’inizio di ogni anno, illustrare in una assemblea di tutto il personale dipendente i risultati conseguiti dalla banca nell’esercizio appena chiuso e gli obiettivi che ci proponevamo per l’anno appena iniziato. Nel gennaio del 1998 per preparare il terreno a questo mazzo di progetti che avevo in testa, volli consultarmi con i miei più stretti collaboratori e riceverne eventuali obiezioni e consensi.
Chiamai per primo nel mio ufficio il ragionier Zingoni che era responsabile della filiale di Poggibonsi e di fatto incaricato di tutta l’area Nord della Valdelsa. Gli esposi i progetti a cui, come ho ricordato, intendevo lavorare: le gestioni patrimoniali, l’ufficio crediti speciali, la Banca-Assicurazione, il leasing gestito direttamente. Lo Zingoni era il mio consulente preferito perché, schietto e leale, non ti mandava a dire le cose dietro. Non era nel numero di coloro che nascondono le proprie idee e che, per non compromettersi, fra l’acqua naturale e l’acqua frizzante scelgono sempre la Ferrarelle. Era uno dei pochi che aveva l’onestà e la capacità di controbattere le mie idee apertamente quando non le condivideva. Le sue obiezioni, anche taglienti, non nascevano né da interessi personali né da uno schieramento pregiudiziale contro o per qualcuno. Erano trasparenti e pure come un bicchiere d’acqua. Per questo mi piaceva, non per masochismo, ma perché preferivo un no tondo ad un si arzigogolato quando era necessario.
Qualcuno, a questo punto, potrebbe dirmi: “ma perché, se lo Zingoni era così importante per Lei, non lo ha tenuto più vicino, per esempio nella sede centrale?”
Del senno di poi, l’abbiamo già detto, traboccano le fosse. Allo Zingoni piaceva operare in una grossa filiale, in trincea, come diceva lui. “In partibus infidelium”, dalla parte degli infedeli, come si diceva nella Chiesa di una volta, quando si spediva un missionario a cercare clienti fra i pagani. Gli piaceva il contatto diretto con il pubblico, il lavoro cucito addosso alle persone, quello che ti permette di conoscere e risolvere il problema di Mario Rossi e di Giuseppe Bianchi per quanto è possibile.
Nelle filiali dove ha operato ha sempre lasciato un bellissimo ricordo di sé, non solo fra i colleghi, ma soprattutto fra la clientela. Dovunque,la gente lo ricorda con affetto e stima per la sua semplicità, per la sua competenza, per il suo rispetto verso gli altri, virtù che oggi sono sempre più rare come i panda e le foche, soprattutto nella giungla e nel ghiaccio del mondo della finanza.
Ma diamo un taglio alla malinconia. In quel colloquio del gennaio 1998 ci trovammo, una volta tanto, d’accordo su tutta la linea. L’amico sostenne che, una volta realizzati gli obiettivi che gli proponevo, la nostra banca sarebbe diventata a tutti gli effetti una banca universale, in grado cioè, di rispondere con qualità, a tutte le esigenze degli operatori economici della nostra zona, sia sulle erogazioni del credito ordinario, sia in quelle del credito speciale. Si convenne, che per l’erogazione del credito speciale, era necessario scegliere una banca partner affidabile, disposta non solo a darci la massima consulenza, ma anche a ricevere nostro personale per corsi pratici di formazione. Le istruttorie delle pratiche sarebbero state svolte dalla nostra banca e anche i contratti di finanziamento sarebbero stati firmati dalla nostra banca anche in rappresentanza dell’altra. In questo modo il lavoro si sarebbe svolto, per così dire, tutto in casa, con la Cambiano che si assumeva il ruolo di terminale anche di operazioni complesse.
Anche per gli altri due progetti del Leasing gestito direttamente dalla Banca e della idea Banca-Assicurazione, lo Zingoni era entusiasta. Tuttavia era anche preoccupato perché temeva, e in questo era buon profeta, la reazione di coloro che si sarebbero sentiti esclusi da una iniziativa presa in prima persona dalla Cambiano.
Dopo il fallimento del progetto della ricapitalizzazione della Cabel Leasing non rimaneva altra soluzione che effettuare operazioni di Leasing direttamente dalla Banca. Rinunciare a questo obiettivo significava privare la nostra clientela della opportunità di attingere al credito ai tassi agevolati previsti dalle ormai numerose leggi speciali regionali, nazionali e comunitarie.
In merito al progetto Banca-Assicurazione concordammo che sarebbe stato impossibile realizzarlo insieme alle due banche consorelle. Il motivo era evidente. Non avremmo trovato nessuna Compagnia di Assicurazione disposta a concederei l’esclusiva su un territorio così vasto come quello coperto da tre banche e che riguardava addirittura quattro province fra Firenze, Siena, Pisa e Livorno. Al contrario era possibile o almeno sperabile ottenere un mandato esclusivo su una zona ristretta e compatta come la Valdelsa dove era presente la Banca di Cambiano.
Per la realizzazione di questo progetto avevamo bisogno di una società terza che operasse come agenzia principale della società assicuratrice per tutta la Valdelsa. Noi disponevamo a questo fine della società Assifinco che si prestava ottimamente al nostro scopo. “Sì, ha ragione – concluse alla fine lo Zingoni pin che convinto questi progetti sono troppo importanti per l’interesse dei soci, dei clienti, della stessa B anca. Il non proporli al Consiglio di Amministrazione sarebbe come tradire tutti coloro per cui lavoriamo”. Volevo essere ancora più sicuro della bontà dei progetti che mi sembravano così promettenti. La settimana successiva ne parlai con i miei più stretti collaboratori, il dottor Bosio e il ragionier Simonini. Tutti e due si dissero convinti che bisognava portare avanti tutte e tre le operazioni che avevo in mente. Il Bosio avanzò alcuni suggerimenti che avrebbero dovuto mettermi in guardia sugli interessi di cui più o meno sommessamente si faceva portavoce. Per quanto riguardava il progetto Banca-Assicurazione mi consigliò di verificare se esisteva la possibilità di ottenere dalla società assicuratrice interessata un mandato esclusivo per tutta la zona in cui operavano anche le banche consorelle. Io non avevo a questo proposito nessuna posizione pregiudiziale. Risposi che avrei esplorato anche questa ipotesi, pur sapendo che con ogni probabilità era impraticabile. Anche per quanto riguardava le operazioni di Leasing da far effettuare direttamente dalla nostra Banca il Bosio aveva qualche perplessità. Per cercare di smussare le sue preoccupazioni lo informai che la Cambiano avrebbe gestito in proprio solo operazioni a tasso agevolato lasciando alla Cabel Leasing le operazioni ordinarie. Con questa ripartizione dei compiti mi sembrava che il progetto non sarebbe entrato in conflitto né con gli interessi della Cabel Leasing, né tanto meno con gli interessi della Cambiano. Dopo queste precisazioni il mio Vice mi sembrò pienamente soddisfatto. Mi ero accorto comunque di quale potere esterno alla banca il Bosio era ormai ambasciatore. Sapevo quindi che il Viviani sarebbe stato subito informato delle mie intenzioni. Ma questa soffiata non mi preoccupava, convinto che i miei propositi erano legittimi ed onesti. Non c’era nessun motivo per nasconderli visto che facevano parte dei doveri per l’incarico che ricoprivo per gli interessi dei soci e dei clienti che dovevo tutelare e sviluppare.