Una mattina di Febbraio eseguimmo il trasferimento. Tutte le suppellettili della Banca furono caricate su un barroccio. Piovigginava, io precedevo il barroccio con la mia Vespa. Il Lami seguiva sul barroccio sotto un grande ombrello contadino di incerato verde. Sembravamo sfollati di guerra che finalmente tornavano a casa.
Il Baldini Angiolo, già socio e cliente della banca, ci piazzò la cassaforte.
Quelli delle banche locali rimasero esterrefatti della nostra presunzione. Ci guardavano come un senegalese che aveva osato piazzare il suo tappetino accanto ai soliti banchi del mercato di sempre. Naturalmente quindici giorni dopo arrivò a Castelfiorentino il Direttore della Banca d’Italia in pompa magna, sopra una macchina di grossa cilindrata con tanto di autista, insieme al capo della vigilanza. Erano circa le tre pomeridiane, l’ora in cui la Banca riapriva. Il Lami stava tirando su il bandone della saracinesca quando si sentì interpellare:
“Dove è il Presidente?”
“Non lo so” rispose il Lami che si faceva piccino piccino per la soggezione di fronte a tanti personaggi.
“E il Direttore dov’è?”.
“E’ a Cambiano” rispose il Lami come se fosse sotto tortura. “Vada a chiamarlo”.
Il Lami inforcò la bicicletta di servizio come un bersagliere in rotta e mi venne a dire tutto concitato:
“E’ arrivata la Banca d’Italia”.
“Bene – affermai – lo vedi che finalmente si muovono!”.
Questa volta io avevo la coscienza tranquilla: tutto nella Banca era in ordine. I depositi erano cresciuti, gli impieghi erano numerosi e di buona qualità, erano stati liquidati i famigerati giri di assegni, erano iniziati i rapporti con diverse imprese artigiane del capoluogo. Volevo vedere come avrebbero fatto quei signori a bloccare una banca ancora piccola, ma in pieno sviluppo. Un fatto del genere avrebbe provocato la sollevazione di molti soci e clienti attaccati ad una istituzione che sentivano come una cosa propria.
Queste cose pensavo, mentre compivo un tragitto molto breve, ma che, per l’ansia e per la rabbia, mi parve durare una eternità. Appena lo vidi, il Direttore mi disse subito quello che mi aspettavo mi dicesse:
“Chi l’ha autorizzata ad aprire lo sportello a Castelfiorentino?” “Veramente – risposi, diventato all’improvviso tranquillo e sicuro di me – nell’ultimo colloquio che ho avuto con il capo della vigilanza non mi era stata esplicitamente negata questa possibilità. E poi, veniamo al sodo! La Banca è stata risanata, è stato rinnovato il Consiglio di Amministrazione secondo le vostre indicazioni, i depositi sono cresciuti e sono aumentati i clienti. Non capisco perché abbiamo dovuto aspettare cosi tanto. Il paese di Castelfiorentino ha bisogno della sua banca. La gente ci aspetta, e noi non possiamo tirarci indietro proprio ora! E poi in concreto che cosa abbiamo fatto di male? lo sto solo svolgendo un’opera socialmente valida”.
I grandi burocrati di fronte a questa realtà non potevano attaccarsi che a un fatto puramente formale. Alla fine risalirono nella loro lussuosa berlina e sparirono da dove erano venuti.
Noi continuammo il nostro lavoro come se nulla fosse successo e, appena sette giorni dopo, ed esattamente il 2 Marzo 1964, arrivò la tanto sospirata missiva con l’autorizzazione ufficiale ad aprire la nuova sede a Castelfiorentino. Nasceva così la Cassa Rurale di Cambiano dell’età moderna.
Nasceva, dopo ottanta anni dalla sua fondazione o meglio “rinasceva” un’altra volta dalla lungimiranza di un uomo di origine modesta, rispetto al Niccoli fondatore, ma animato dagli stessi nobili ideali cooperativistici. Rinasceva, da una persona che non ebbe nessuna esitazione a tirarsi anche da parte perché la Banca, a cui aveva dedicato quasi un’intera esistenza, potesse crescere e svilupparsi.
L’abbiamo già visto: Armando Cerbioni riuscì a far sopravvivere l’istituzione durante il ventennio, poi fu colui che, insieme al professor Lensi, diede l’impulso perché la Banca potesse muovere i primi passi verso il successo.
Tutti i castellani di una certa età conoscono chi è stato il Cerbioni, sanno quale era il suo credo politico. Ma l’intelligenza e il disinteresse di quest’uomo hanno fatto sì che mai la politica entrasse a far parte della Banca. La sua lezione e il suo esempio sono stati seguiti nel corso dei tanti anni fino al 1999.
In seguito ho avuto da pensare che uomini della pasta del Cerbioni sono ormai ai giorni nostri fuori produzione.