Pochi giorni prima di questo mio incontro con il Viviani, ed esattamente il 6 ottobre 1998, la compagnia di assicurazioni AXA aveva dato il suo consenso di massima al progetto di cui abbiamo parlato nelle pagine precedenti. Essere riuscito ad agganciare la AXA mi dava entusiasmo. L’AXA era la più grande società di assicurazione francese, quotata in borsa a Parigi, New York e in tutte le borse europee, presente in 66 paesi del mondo, con la gestione di un patrimonio di un milione e seicentomila miliardi di lire: una somma pari al bilancio di uno stato.
Successivamente l’Assifinco in assemblea straordinaria aveva apportato profonde e sostanziali modifiche al suo statuto sociale. Non soltanto aveva cambiato nome da Assifinco a CooperSevice, ma aveva anche sostanzialmente variato il proprio oggetto sociale, preparandosi cosi a divenire un importante partner per una eventuale compagnia di Assicurazione. Infatti il nuovo oggetto sociale all’art 4 cosi recitava: “ La società, senza finalità di lucro, si propone lo scopo di offrire ai propri soci, ed a terzi, servizi di consulenza e promozione nel settore assicurativo a condizioni più favorevoli di quelle offerte dal mercato ecc.ecc” Tutto ormai era pronto perché quel progetto così importante e promettente andasse in porto. Mancava solo 1’adesione del Consiglio di Amministrazione della Banca di Cambiano. L’ultimo anello della catena era naturalmente quello decisivo ed io, piuttosto ingenuamente, davo quasi per scontato che, come sempre era accaduto in passato, il Consiglio della Cambiano si adeguasse con entusiasmo ad una proposta che avrebbe accresciuto fortemente i suoi profitti e dilatato ampiamente il raggio delle sue attività e il volume delle sue operazioni. L’interesse della Banca all’accordo mi sembrava così evidente che a me sembrava quasi ovvio. Immaginare un suo rigetto mi pareva del tutto insensato, quasi come il non volere riscuotere il premio di una lotteria. Decisi comunque, piti per rispetto della forma che per paura di trovare una opposizione, di illustrare il progetto al Presidente prima della discussione nel Consiglio di Amministrazione. Per la verità, come ho già raccontato, era già accaduto più di una volta negli ultimi tempi che il Presidente, per motivi che non riuscivo a comprendere,
si divertisse quasi a fare il bastian contrario di fronte a quello che proponevo. Con il vecchio Consiglio ero sempre riuscito comunque a far prevalere le mie tesi. Ma ora sapevo che con il nuovo Consiglio questo aggiramento delle posizioni del Presidente sarebbe stato pitt difficile. Comunque il Cappelli, in qualità di Presidente del Collegio Sindacale de1l’Assifinco, aveva partecipato alla assemblea del 7 ottobre in cui era stata decisa la trasformazione della società in Cooper Service e non aveva mosso obiezioni alle profonde modifiche statutarie. Non potevo pensare che bastassero pochi giorni perché una persona modificasse la sua posizione di centottanta gradi.
In quel pomeriggio di ottobre cercai quindi di illustrare dettagliatamente il progetto al Cappelli. Partii da molto lontano. Illustrai prima il preventivo di bilancio per l’anno successivo, visto che ormai ero in grado di prevedere con esattezza i risultati di chiusura per l’esercizio dell’anno in corso.
Trovavo però il Presidente molto distratto, quasi a voler rimarcare una pregiudiziale distanza ostile nei miei confronti. I risultati che gli illustrano relativi all’esercizio 1998 erano molto brillanti: avevamo incrementato gli utili pur diminuendo i tassi sugli impieghi, mi ricordo che fummo la prima banca ad effettuare a quel tempo i mutui al 5Ro; il settore finanza da solo aveva guadagnato 12 miliardi, l’utile d’esercizio finale sfiorava i 30 miliardi. Ma il distacco del Presidente era tale che mi sembrava di parlare dei risultati della Banca di Cassano anziché della sua Banca di Cambiano.
Arrivai infine ad illustrare il progetto della Banca- Assicurazione che mi stava a cuore. Potei pronunciare su questo tema solo alcune frasi e il Presidente subito mi interruppe. Mi disse che per l’approvazione del progetto ci voleva il consenso preventivo della Cabel Holding.
Straordinario: io ancora non gli avevo illustrato il progetto e il Presidente non lo voleva nemmeno ascoltare. Come se a priori il progetto Banca-Assicurazione fosse un programma osceno di cui la Cabel censurava anche l’esposizione a voce.
Io mi indisposi. Replicai che la Cabel Holding era una società partecipata della Banca. Non serviva quindi il parere della Cabel. Semmai, al contrario, doveva essere la Banca a esprimere parere su eventuali progetti della Cabel. La Banca aveva figliato la Cabel e ora la figlia comandava la madre.
Il Cappelli sorvolò pari pari sulle mie obiezioni e la mise sul piano personale: “Non si può mancare di rispetto al Viviani” aggiunse. E io vidi in questa incredibile deferenza verso il Presidente di un’altra società una incomprensibile dipendenza psicologica, una gestione eterodiretta della mia Banca su cui si prolungava per interposta persona la gestione invisibile ma tangibile del grande factotum esterno
che ormai appariva essere il Viviani.
“Io non voglio mancare di rispetto a nessuno – replicai – per questo sono qui a discutere con Lei, quale Presidente della società che dirigo su un progetto che io considero estremamente importante e che merita, secondo me, la massima attenzione. Il parere lo chiedo a chi di dovere, a Lei quale Presidente della Banca di Cambiano, non al Presidente di un’altra società”.
Il Cappelli, come spesso accadeva, si chiuse in uno dei suoi ermetici silenzi. Era come parlare ad un muro di gomma. Chiesi quindi se il Presidente mi avrebbe permesso di illustrare il mio piano strategico di Banca-Assicurazione al prossimo Consiglio di Amministrazione.
Il Presidente non disse né di sì né di no. Ero allibito per questa ostilità pregiudiziale sul non volere nemmeno conoscere il mio progetto. Eppure se il Presidente mi avesse permesso di illustrare il piano e poi mi avesse dato un parere negativo motivandolo sarei stato soddisfatto.
Il Consiglio di Amministrazione fu convocato per il 3 Novembre 1998. Io spiai l’ordine del giorno con l’ansia con cui si apre un uovo di Pasqua. Ma l’uovo era vuoto e in teoria si poteva riempire con qualsiasi sorpresa. L’ordine del giorno era strano e generico. Al primo punto portava il piano strategico aziendale che era stato discusso in un precedente consiglio. Al secondo punto all’ordine del giorno era prevista la discussione sui progetti per incentivare l’attività della Banca. Io mi immaginavo che in questa dicitura potesse rientrare l’illustrazione e la eventuale approvazione del mio piano Banca- Assicurazione
Ero ancora troppo ottimista. Quando, durante lo svolgimento del Consiglio, si giunse a questo punto dell’ordine del giorno il Presidente prese la parola e riferì che nel luglio precedente, in un incontro alla Cabel, si era stabilito di iniziare un’attività nel settore assicurativo riguardante le cosiddette polizze vita. Forse questa notizia fu data dal Presidente per cercare di far apparire come un doppione il progetto Banca-Assicurazione che io mi preparavo ad esporre in Consiglio. Ma il progetto Banca-Assicurazione che avevo in mente era tutt’altra cosa. Riguardava non solo il settore polizze vita, ma l’intera gamma dei prodotti assicurativi ordinari, dalle polizze auto alle assicurazioni antincendio, antifurto e antirapina. Prese quindi la parola il ragionier Viviani e informò il consiglio che il gruppo Cabel aveva in corso dei contatti con delle Compagnie di Assicurazione per arrivare a distribuire dei prodotti assicurativi ordinari. Il gioco ora si faceva scoperto. Questa intenzione della Cabel era quella che tagliava l’erba sotto i piedi al mio progetto di Banca-Assicurazione. Benché il mio fosse ormai un progetto già perfezionato perfino nei dettagli e quello del Viviani un semplice desiderio, era chiaro che da parte del Presidente della Cabel non si voleva che la Cambiano conducesse in porto il proprio progetto perché voleva che l’accordo con una Compagnia di Assicurazione fosse fatto per tutte le banche del gruppo dalla Cabel Holding.
Si era creata un’atmosfera surreale. Il Viviani che, in quanto Presidente del Collegio Sindacale, doveva per norma limitarsi soltanto ad un controllo formale delle decisioni del Consiglio di Amministrazione della Cambiano, entrava pesantemente nel merito del suoi atti e poneva di fatto un veto alle sue decisioni. Il Presidente di una società partecipata dalla Cambiano, profittando e abusando della sua presenza nel Consiglio della Banca, perorava gli interessi della sua società in contrasto con gli interessi della Cambiano.
Ero esterrefatto e indignato per questa aperta invasione di campo per cui una persona che nel Consiglio doveva essere poco più di uno spettatore si metteva a giocare duramente per conto proprio. Capivo che il mio progetto non aveva possibilità di essere approvato. Le parole del Presidente del Consiglio e del Presidente del Collegio Sindacale erano state buttate là come un fuoco di sbarramento perché io mi arrendessi e rinunciassi perfino ad illustrare il mio progetto, a farne consapevoli i membri del Consiglio di Amministrazione. Il cuore mi batteva a mille all’ora, ma cercavo di rimanere calmo. Finalmente mi fu concesso di parlare.Il mio tentativo di
illustrare il progetto Banca-Assicurazione era continuamente interrotto dal duo Viviani-Cappelli. Evidentemente non si voleva che il mio piano strategico fosse portato a conoscenza del Consiglio nella sua interezza. Mi era impossibile continuare a parlare con calma e con ordine, feci un ultimo tentativo allora per andare al nocciolo della questione. Chiesi al Viviani se la Cabel avesse un progetto simile a quello che vanamente cercavo di illustrare.
“Se c’è – dissi – possiamo confrontarlo con il mio”.
Al posto del Viviani rispose il Cappelli che, pontificando come un oracolo, sentenziò che la Banca avrebbe aderito al progetto Cabel. “Ad oggi – risposi – non mi sembra che la Cabel abbia avanzato alcun progetto. Vorrei sapere se, per esempio, i soci della Cambiano hanno diritto ad uno sconto sulle loro polizze auto come è previsto nel mio progetto”.
Io sapevo benissimo il motivo per cui il Viviani e la sua Cabel si opponevano al progetto Banca-Assicurazione che io avevo previsto e già elaborato per la Cambiano.
Il Viviani stava in quel periodo interpellando alcune Compagnie di Assicurazione, non tanto per realizzare un progetto che aiutava la Banca di Cambiano e le altre banche, quanto per ottenere che le assicurazioni entrassero con i loro capitali a incrementare il capitale sociale della Invest Banca come ho spiegato nelle pagine precedenti. Era chiaro che le Compagnie di Assicurazione avrebbero assunto partecipazioni di minoranza nella Banca che il Viviani si preparava ad acquistare, soprattutto se in cambio fosse stata loro offerta la possibilità di vendere i loro prodotti attraverso le banche del gruppo e soprattutto attraverso la Banca di Cambiano che era la più grossa. Il mio progetto invece, anche se serviva gli interessi della Cambiano, ostacolava il progetto della ricapitalizzazione della Invest Banca che il Viviani ormai si era messo in testa.
Capivo gli interessi del Viviani e della sua Cabel, in un certo senso ammiravo la sua abilità e anche la sua consumata dialettica sul perseguire il vantaggio della Cabel. Non riuscivo invece a capire la posizione del Cappelli che ora si opponeva agli interessi della Banca di cui era pur sempre il massimo rappresentante, interessi che in passato, devo ammettere, aveva sempre difeso.
La riunione era ormai degenerata. Anziché lasciare libero corso alla mia esposizione il duo Viviani-Cappelli si accanì in accuse personali contro di me.
Il Viviani mi avverti che non gradiva la mia posizione di contrapposizione contro la Cabel di cui si mise a tessere l’elogio.
Io risposi con decisione che, prima di tutto, io ero il Direttore della Banca di Cambiano e primo dovere era quello di difendere gli interessi della mia banca e dei suoi soci, anche se la Cabel era una società partecipata della Cambiano.
Esasperato da1l’attacco a cui ero sottoposto dissi a Viviani che vedevo purtroppo giunto il momento di rompere i nostri rapporti di antica amicizia visto il modo in cui lui infieriva contro di me. Gli ricordai che già nel lontano 1978 la Banca, uscendo dalla Federazione delle Casse rurali, aveva fatto la sua scelta per rimanere libera e autonoma da qualsiasi interferenza esterna. Dopo venti anni di indipendenza non potevo sopportare una ingerenza così pesante che ora veniva dalla Cabel.
Invitai il Viviani alla calma ed a tenere un atteggiamento che non provocasse ingerenze nelle scelte che spettavano ad altri, ed a rispettare il suo ruolo istituzionale, che non gli consentiva atteggiamenti che potessero dare luogo a situazioni conflittuali.
Lo pregai nuovamente di darmi la possibilità di esporre il mio progetto. Fu tutto vano.
Allora annunciai che, poiché ero il Direttore Generale della Banca e ricoprivo diverse cariche di amministratore in società del gruppo Cabel, mi sarei dimesso da tutti questi ultimi incarichi. In effetti, a mio avviso, si era creato un evidente conflitto di interessi fra la Cambiano e il gruppo Cabel e non si poteva essere della Cabel e contemporaneamente essere della Cambiano e viceversa. Nell’annunciare questo gesto io avevo in mente l’art. 2391 del codice civile secondo cui “l’amministratore che in una determinata operazione ha, per conto proprio o di terzi, interesse in conflitto con quello della società deve (…) astenersi dal partecipare alle deliberazioni riguardanti l’operazione stessa”.
Io pensavo che il mio esempio sarebbe servito come campanello d’allarme per il Cappelli, che era Presidente della Cambiano e Vicepresidente della Cabel Holding e per il Viviani, che era Presidente della Cabel Holding e Presidente del Collegio Sindacale della Cambiano.
Anche in questo caso non potevo non ricordare l’articolo 2399 del codice civile secondo cui “non possono essere eletti alla carica di sindaco e, se eletti, decadono dall’ufficio (…) coloro che sono legati alla società o alle società da questa controllate da un rapporto continuativo di prestazione d’opera retribuito”.
Anche dopo questo mio gesto, estremamente significativo, né il Cappelli né il Viviani a vertirono la stranezza di essere contemporaneamente esponenti aziendali di due società ad interessi ormai chiaramente conflittuali.
Anzi le mie dimissioni, dettate da uno scrupolo di onestà personale e di correttezza professionale, mi sarebbero state imputate, lo vedremo tra poco, come un peccato mortale e come una delle cause del mio licenziamento.
Così va il mondo, anzi andava nell’anno di grazia 1998, come avrebbe scritto il Manzoni se fosse stato ancora vivo.
Come è facilmente intuibile, il Consiglio finì in una sorta di rissa contro di me con il solo risultato che il Presidente alla fine in un clima disattento e surriscaldato, dichiarò che il Consiglio aveva deciso di realizzare il progetto Banca-Assicurazione secondo le proposte avanzate dalla Cabel.