Mentre il fuoco dell’astio e dell’invidia nei miei confronti covava, a mia insaputa, sotto la cenere nella stanza accanto, io continuavo come sempre tranquillo il mio lavoro. Procedevo lungo la solita strada di dare sempre maggiori servizi ai soci e ai clienti della banca.
In quel tempo ero ancora spalleggiato dalla maggioranza dei membri del Consiglio di Amministrazione e potevo ancora contare sul successo delle idee che mi venivano in mente e delle nuove iniziative che andavo proponendo. Per primeggiare in competitività con le altre banche bisognava distinguersi con nuove opportunità.
Così nel 1998 condussi una lunga e costruttiva trattativa con la rappresentanza aziendale e alla fine riuscii a concludere un accordo che permetteva l’apertura della Banca anche il sabato mattina almeno nelle più importanti filiali dei comuni capoluogo. Il sabato era ormai giorno festivo per molte categorie di lavoratori e in alcuni comuni della zona addirittura giorno di mercato. Si trattava di avvicinare i tempi della banca ai tempi dei clienti e di superare un tabù quasi secolare per cui per le banche il riposo del sabato era sacro come per gli ebrei. L’innovazione ebbe subito successo. L’evento colse di sorpresa le altre banche costrette in qualche modo a rincorrerci nell’iniziativa.
Nell’anno precedente la nostra società di leasing, la Cabel Leasing, aveva fatto registrare un notevole sviluppo. I beni concessi in locazione sfioravano ormai i cinquanta miliardi. Essa stava quindi ormai per esaurire gli affidamenti ottenuti dalle banche del gruppo. Per far decollare definitivamente, al di là del suo modesto raggio d’azione, la Cabel Leasing, sarebbe stato necessario ormai aumentare il capitale sociale dal miliardo che allora aveva a dieci miliardi. Con tale operazione la società avrebbe conseguito grandi vantaggi. Prima di tutto si sarebbe posta sul mercato con una immagine e una struttura di grande credibilità. In secondo luogo la Cabel Leasing sarebbe stata iscritta nell’elenco delle società previste dall’articolo 107 della nuova legge bancaria. Forte di questo riconoscimento avrebbe potuto concedere finanziamenti a tassi agevolati a qualsiasi tipo di imprese. Non solo a quelle artigianali, ma anche a quelle commerciali e industriali. Avrebbe potuto utilizzare anche le agevolazioni concesse dalle leggi comunitarie. Queste ultime interessavano in particolar modo alcuni territori del bacino di utenza della nostra banca e in particolare il comune di Fucecchio dove da poco ci eravamo insediati con una nostra filiale.
Una volta ripatrimonializzata, la Cabel Leasing sarebbe stata anche in grado di ricercare e di ottenere da tutto il sistema bancario linee di credito a breve e a medio termine a condizioni molto favorevoli.
Tuttavia questo progetto così seducente dovette alla fine rimanere nel cassetto. Il sottoscritto e l’allora direttore della Cabel Leasing, Andrea Schiavetti, cercarono di fare di tutto perché il progetto andasse in porto. Fatica vana. Le due banche consorelle della Cambiano ci dissero di no perché non riuscivano a vedere nella operazione nessun loro interesse immediato. Il presidente della Cabel, Paolo Viviani, fu sempre ostile al progetto. Lo stesso presidente della Cambiano, Cappelli, che chiamammo in nostro aiuto, rimase completamente indifferente.
Cercammo allora di aggirare tutti questi ostacoli insormontabili con una nuova idea, anche se sapevo che era un tentativo quasi disperato. Proposi che la Cambiano sottoscrivesse da sola per intero l’aumento del capitale sociale della Cabel Leasing fino a dieci miliardi. “Peggio ancora!” fu in sostanza la risposta. In questo caso, secondo gli oppositori del progetto, la Cambiano da sola avrebbe avuto la maggioranza assoluta del possesso della società.
Alla fine, stanchi, dovemmo metterci l’animo in pace. Anche il fallimento di questo ambizioso progetto ci convinse che la Cambiano cominciava ad avere una “sovranità limitata”. Dovemmo constatare amaramente, io e lo Schiavetti, che senza il permesso della Cabel Holding la Cambiano non poteva ormai fare quasi più nulla. In termini pratici stava prevalendo la logica del “non si muove foglia che il Viviani non voglia”. Amareggiati da questa battaglia persa, io e lo Schiavetti ci mettemmo un giorno a riflettere ad alta voce.
“L’importante – diceva Schiavetti – è che lei, dottor Cacialli, rimanga più a lungo possibile al vertice della Banca di Cambiano. Lei sa che con la nuova normativa il leasing lo possono fare direttamente anche le banche. Prima o poi verrà il tempo in cui la
Cambiano senza l’aiuto o il contributo di altri potrà gestire un leasing in prima persona”.
E io mi consolavo come se avessi ancora dieci anni di lavoro davanti a me. Purtroppo non sapevo ancora che ne avevo appena uno tormentato e terribile. Ma per il mio carattere non potevo stare con le mani in mano. Non potevo stare in pace anche quando intorno a me c’era la pace. Ad ogni sconfitta reagivo iniziando un’altra battaglia. Dissi allo Schiavetti: “In attesa del leasing vorrei intanto realizzare il progetto Banca-Assicurazione a cui sto pensando da tempo. Ma perché, secondo te, il progetto del leasing è stato osteggiato dalla Cabel Holding e dalle altre banche del gruppo?” “Semplice – rispose convinto lo Schiavetti – la Cabel Leasing,
pur appartenendo al gruppo Cabel, è una emanazione della Assifinco, società della Cambiano, e quindi non la si vuole far crescere come potrebbe e dovrebbe. In secondo luogo le due banche di Castagneto Carducci e di Fornacette, pur facendo parte del gruppo Cabel, hanno interessi diversi dalla Cambiano. Il lavoro che queste banche hanno fatto nel settore del leasing quest’anno è appena il 10% di quello fatto dalla Cambiano. Un esborso di due miliardi e settecento milioni ciascuna, come gli era stato chiesto per ricapitalizzare la Cabel Leasing, non lo ritengono conveniente”.
“Su questo hai ragione – convenni io – ma per la Cabel Holding invece era un’operazione pur sempre conveniente perché si ricapitalizzava una sua società”.
“Probabilmente – rispose Schiavetti – il Viviani è interessato a qualche altro progetto che non c’è dato a sapere”.
LO STOP ALLA CABEL LEASING