A distanza di più di due anni della mia estromissione dalla Banca si può dire che la mia battaglia non ha avuto successo, ma ha avuto ragione.
Con una sentenza del 25 ottobre 2000 la terza sezione del Tribunale civile di Firenze ha dichiarato illegittima l’Assemblea del 22 maggio dell’anno prima.
Il Tribunale ha dichiarato irregolare il sistema usato in quel1’occasione per ammettere al voto i soci, registrati dopo l’inizio della discussione, senza che fosse possibile controllare esattamente la loro identità ed il loro numero, in quanto il loro ingresso non era stato registrato a verbale.
“In merito alla registrazione dei partecipanti – recita la motivazione della sentenza – l’elencazione dei nominativi nel corpo stesso del documento, o in un allegato che ne costituisce parte integrante, rappresenta l’elemento indispensabile per determinare la composizione dell’assemblea, verificare se i voti siano stati validamente espressi e individuare a chi spetti eventualmente la legittimazione a impugnare; il verbale deve essere dunque analitico; al fine di una migliore salvaguardia degli interessi dei singoli e della minoranza”.
“Nel caso in esame registrare i nuovi partecipanti, man mano che facevano ingresso in aula, avrebbe consentito, a chi volesse ricostruire ex post l’iter seguito, di accertarsi che il controllo della legittimazione, in proprio o per delega, era stato effettivamente compiuto prima della votazione. Pertanto, sotto questo profilo, non si può non rilevare l’invalidità della delibera dell’Assemblea degli azionisti del 22 Maggio 1999”.
Non solo, la sentenza del Tribunale ha invalidato quella Assemblea anche perché, come noi sostenevamo, il sistema della lista bloccata cancellava di fatto la rappresentanza della minoranza. “Il sistema globalmente adottato per la scelta dei nuovi amministratori – recita ancora la motivazione della sentenza – non poteva garantire, per le ragioni che si verranno spiegando adeguata rappresentanza agli interessi di coloro che non si riconoscono nella linea del gruppo dirigente (…)”.
“Non va sottovalutata l’attenzione che esercita sugli elettori un insieme di persone che si presenta compatto e che, per di più, ha già ricevuto l’avallo del gruppo dirigente della società, vuoi perché intorno ad esso si concentrano gli interessi degli azionisti di maggioranza, vuoi perché essi rappresentano una opzione naturale per coloro che non hanno una grande conoscenza dei candidati”.
“In un sistema articolato per scelta nell’ambito di un elenco di nominativi in alternativa alla opzione secca per un gruppo definito di persone sostenuto dagli amministratori uscenti, è destinato quest’ultimo ad avere la prevalenza, con la conseguenza, se non si introducono correttivi, di dar vita a un organo espressione soltanto di un pezzo di compagine sociale (…)”.
“Alla luce delle considerazioni esposte, il sistema di votazione degli amministratori adottato dalla Banca di Credito Cooperativo di Cambiano appare illegittimo, in quanto non consente alla min or a n z a di i n t a cc are la li sta preconfezionata”.
Come risposta a questa sentenza, che dichiarava illegittimo più di un anno di gestione della Cambiano, il gruppo dominante ha indetto una nuova Assemblea.
Si è voluto, con una ripetizione di una arroganza sostanziale sotto la correttezza della forma, far confermare il Consiglio eletto a suo tempo addirittura per acclamazione.
Si è voluto evitare il voto individuale e il voto segreto perché non si f aces se vedere nemmeno una voce di dis sens o. Il Consiglio è stato confermato con il cento per cento del consenso plateale dei presenti. Al confronto la Bulgaria dei tempi famosi era una democrazia, perché almeno l’uno per cento dei votanti si asteneva o votava contro.
Espulso il Cacialli anche dall’elenco dei soci, si è voluto far sparire anche ogni traccia possibile del suo consenso e del suo rimpianto.
Per la verità anche questa delibera consiliare seppure esecutiva, come lo sono tutte le delibere del Consiglio di Amministrazione, è stata da me impugnata e sono ancora in attesa del giudizio del Tribunale.
Dopo questa Assemblea che di fatto tendeva a cancellare persino il ricordo del mio passaggio nella Cassa Rurale di Cambiano, un altro pronunciamento solenne giungeva a darmi ragione.
La Corte d’Appello di Firenze con una sentenza del 26 Giugno 2001 dichiara “illegittimo il licenziamento intimato all’appellante Cacialli Pier Giuseppe dalla Banca di Credito Cooperativo di Cambiano e, per l’effetto, condanna la banca alla reintegrazione nel posto di lavoro, nonché al risarcimento del danno parametrato sulla retribuzione mensile globale di fatto in godimento al momento del licenziamento a quello della effettiva reintegra con rivalutazione monetaria e interessi legali”.
Nelle motivazioni di questa sentenza si dichiara che di fatto io non sono mai stato legittimamente licenziato dalla Banca perché il potere di prendere un così grave provvedimento spettava al Consiglio di Amministrazione e il Consiglio non ha mai deliberato nulla in proposito.
Scrivono i giudici nella motivazione della sentenza: “Emerge, pertanto dalla documentazione in atti, tutta di provenienza dalla Banca di Credito Cooperativo di Cambiano, che la lettera di licenziamento per giusta causa dell appellante non fu supportata
— o più correttamente legittimata — da specifica delibera del Consiglio di Amministrazione di risoluzione immediata del rapporto di lavoro con il Direttore Generale nonostante che la lettera di recesso faccia espresso richiamo ad una giuridicamente inesistente delibera in tal senso. Il recesso, quindi, risulta adottato in carenza di poteri in capo al Presidente della Banca di Credito Cooperativo di Cambiano al quale competono solo funzioni rappresentative e di esternazione delle delibere consiliari secondo l’articolo 39 dello statuto”.
Le motivazioni di questa sentenza demoliscono poi senza pietà, e una per una tutte le accuse montate ad arte contro di me per cacciarmi dalla Banca.
Come si ricorderà i pretesti che furono invocati dal presidente Cappelli per licenziarmi brutalmente furono tre:
1) quello di aver messo in vendita i prodotti assicurativi della AXA contro il volere del Consiglio di Amministrazione;
2) quello di essermi dimesso da tutte le cariche delle società del gruppo Cabel, contro la volontà dello stesso Consiglio;
3) quello di avere criticato le scelte del Consiglio con le mie contestazioni scritte al verbale del Consiglio stesso del 26 Gennaio 1999 in cui lamentano che il Consiglio si fosse convocato in modo informale e senza la mia presenza. Rispetto al primo punto riguardante la vendita dei prodotti AXA l’accusa viene quasi ridicolizzata nelle motivazioni della sentenza della Corte di Appello visto che questa vendita era già a conoscenza del Consiglio ed è anzi proseguita tranquillamente anche dopo il mio allontanamento.
Si scrive nella sentenza: “Che la vendita di siffatti prodotti assicurativi da banco alla clientela – della AXA come di qualsiasi altra compagnia – non avesse in sé alcun rilievo strategico (…) è incontrovertibilmente confermato dalla circostanza pacifica che la vendita di prodotti assicurativi di banco della AXA da parte della B anca di Credito Cooperativo di Cambiano proseguì successivamente anche alla risoluzione del rapporto con l’appellante. E ciò nonostante che la convenzione sopra richiamata prevedesse la facoltà di recesso della banca con semplice preavviso. La ragione di ciò viene candidamente riferita dallo stesso procuratore speciale dell’appellata in sede di libero interrogatorio avanti al primo giudice: “non si è ritenuto di recedere dalla convenzione del 3 Novembre per la minima importanza economica del rapporto con tale compagnia”.
Si scrive ancora nelle motivazioni: “Appare alla corte evidente che nessuna delibera consiliare impose mai un espresso divieto al direttore Cacialli di stipulare una convenzione del tipo di quella siglata con AXA in data 3 Novembre 1998 di ben scarso valore strategico ed economico come espressamente ammesso dal procuratore speciale e come indubbiamente confermato dalla prosecuzione di tale modesta e ben circoscritta attività di collocamento in epoca successiva al licenziamento dell’appellante”.
E infine si conclude: “D’altro canto il fatto che la vendita di tali prodotti da banco della AXA sia tranquillamente proseguita anche dopo la risoluzione del rapporto di lavoro dell’appellante dimostra la non contrarietà e, forse più correttamente, la sostanziale indifferenza della Banca di Credito Cooperativo di Cambiano ad una iniziativa di ben scarso valore strategico”. “Questa valorizzazione ex post in sede processuale dell’iniziativa del Direttore Generale appare, a dir poco, sospetta e strumentale”.
In sostanza la presunta proibizione della vendita dei prodotti AXA fu inventata apposta per trovare un pretesto per licenziarmi.
Rispetto alla seconda accusa di essermi dimesso dalle cariche del gruppo Cabel la sentenza non solo mi assolve, ma considera semmai reprensibili il comportamento di chi, come il Viviani, non solo mantenne quelle cariche, ma intervenne nelle scelte della Cambiano senza averne il potere e il diritto.
Si scrive infatti nella sentenza: “Da una lettura degli atti appare di tutta evidenza che le dimissioni dell’appellante da tutte le cariche ricoperte in varie società del gruppo Cabel sono la diretta conseguenza di una situazione di più volte denunciato conflitti di interessi che avrebbe coinvolto le persone di Cappelli Mario, Presidente della Banca di Credito Cooperativo di Cambiano e Vicepresidente della Cabel Holding, e di Viviani Paolo, Presidente della Cabel Holding e Presidente del Collegio Sindacale della Banca di Credito Cooperativo di Cambiano. Questa Corte, come preliminarmente osservato, non intende addentrarsi nelle complesse vicende societarie che in altra sede potranno trovare la loro più appropriata definizione, anche se non si può fare a meno di rilevare la singolare anomalia di un presidente del collegio sindacale — il Viviani — che così animatamente partecipa alle riunioni del Consiglio di Amministrazione sponsorizzando, nell’ambito di un progetto strategico come quello relativo all’ingresso della Banca nel settore assicurativo, la sua Cabel di cui è Presidente. Un ruolo del genere (eufemisticamente propositivo e volto ad influenzare le decisioni del Consiglio di Amministrazione) è assolutamente incompatibile con quello di garanzia e di controllo che il Collegio Sindacale dovrebbe svolgere. In tale commistione di ruoli la trasparenza e la linearità delle scelte inevitabilmente si perdono e gli interessi strategici in gioco si fanno opachi e ciò con possibile nocumento dei soci della banca, dei dipendenti, della clientela”. Per quanto riguarda infine il terzo pretesto addotto per il mio licenziamento, cioè quello di aver scritto una lettera al Consiglio di Amministrazione in cui si facevano osservazioni sul verbale della seduta precedente nelle motivazioni della sentenza mi si fa addirittura merito di aver sottoposto al Consiglio delle precise considerazioni e rilievi.
Si scrive nelle motivazioni a proposito di quella lettera incriminata:
“Se andiamo ad esaminare il contenuto nella sua interezza, si potrà notare che il Direttore Generale stigmatizza un modo di procedere del Consiglio di Amministrazione che era solito procedere a riunioni informali, senza che la relativa convocazione fosse inviata, come da statuto, al Direttore Generale. Ricorda come i contestati prodotti della AXA fossero offerti dalla Banca insieme ad altri, quali Fondi comuni di investimento, fondi assicurativi — circostanza non contestata dalla banca appellata — solo perché rispondenti a precise esigenze di mercato e della clientela, rendendo in tal modo competitivo 1’istituto, oltre al ritorno in termini di provvigioni. Grazie anche alla molteplicità degli strumenti finanziari 1’appellante evidenziava i lusinghieri risultati conseguiti nell’esercizio del 1998 con l’incremento della raccolta diretta, con il sensibile incremento degli impieghi economici, con un utile di esercizio di 30 miliardi. Questi sono fatti difficilmente controvertibili e da soli testimoniano della professionalità, delle competenze e dello spirito di iniziativa del Direttore Generale e dei suoi collaboratori ai vari livelli”.
“Del resto gli elevatissimi standards conseguiti negli anni dalla Banca di Credito Cooperativo di Cambiano nel panorama delle piccole banche che la collocano da tempo ai primissimi posti a livello nazionale — anche questo fatto incontestato — sono un’ulteriore riprova delle capacità e delle competenze del Direttore Generale”.
Alla fine, la sentenza riconosce la mia piena lealtà verso la Banca e conclude con una lode che mi fa arrossire per il modo non solo onesto, ma anche lodevole con cui in tanti anni ho praticato il mio lavoro.
Scrive infatti la Corte che “Non risulta in alcun modo provato che il Cacialli, pur nella forte contrapposizione sulle scelte strategiche nel settore assicurativo relative esclusivamente al ruolo della Cabel, ampiamente esternate nelle competenti sedi, abbia poi concretamente boicottato o disatteso le indicazioni che provenivano dal Consiglio di Amministrazione. In particolare non ha — come visto — dato in alcun modo corso al progetto di collaborazione strategica con la AXA, tramite Cooper Service, per il quale erano in corso trattative, con ciò sottostando a quanto deliberato dal Consiglio di Amministrazione. Al di là della vicenda in esame non risulta — né è stato in alcun modo dedotto — che vi siano mai stati diss ens i o contrasti tra il Con si gli o di Amministrazione e il Cacialli in relazione al modo con cui, in tutti gli anni, il Direttore Generale ha diretto o sovrinteso ai vari servizi della banca, assolvendo al suo ruolo in modo encomiabile come attestato dagli ottimi risultati conseguiti dalla Banca di Credito Cooperativo di Cambiano a prescindere dalle attestazioni di stima e di solidarietà che gli sono pervenute in occasione della presente vicenda da componenti dello stesso Consiglio di Amministrazione dai dipendenti, dall ambiente circostante, attestazioni che, quanto meno sul piano umano, qualche cosa vorranno pur significare”.